Per
nulla intenzionata a perdermi neppure un goccio del tempo disponibile
di questa vacanza, mi sveglio presto e un po' malinconica all'idea
che sia l'ultimo risveglio nella mia stanzetta con le travi di legno.
Con
una lieve pesantezza d'animo (ma può una cosa lieve essere pesante?)
apro ancora una volta gli scuri: bene, c'è sempre almeno un fidato
piccione a vegliare sul circondario.
La
frickettona mi permette di tenere il trolley da lei fino
all'ora dell'unico bus del mattino per Poggibonsi.
Così
già alle 8,30 eccomi armata di macchina fotografica a girare di
nuovo per San Gimignano, senza alcuna meta precisa e senza nessun programma da dover rispettare.
Questa
volta sento davvero la familiare sensazione di avere la cittadina in
tasca. Mi aggiro sicura e veloce per le viuzze pedonali fotografando
a sentimento.
Ora
che ci penso, quanti pochi San Gimignanesi ho fotografato!
Decido
allora di trascorrere il resto del tempo cercando di rubare scene di
vita quotidiana. Mi concentro particolarmente su Piazza Duomo,
catturando i movimenti dei mercanti che stanno allestendo le loro
bancarelle, degli anziani che si attardano a chiacchierare, deviando
ogni tanto dal tema con qualche scatto storto alle torri, cercando di
evitare le troppo banali foto ai monumenti. E niente, devo dire che ancora non ho il coraggio di fotografare con decisione e convinzione alle persone che passano. Foto piccole, mosse, da troppo lontano...

Twin
Towers a San Gimignano, le Torri dei Salvucci

Il
Duomo e la Torre Grossa (e le nuvole) a San Gimignano
Non
saprei dire se questo pensiero possa esser stato una calamita, ma
fatto sta che mi sento rivolgere la parola da un tizio... Mi volto e
vedo un uomo elegante, toscanissimo, un biondino sui cinquanta, alto
e snello. Mi dice quel che stavo pensando io in quel momento: mettersi a fotografare monumenti così, senza
un soggetto vicino e senza che accada qualcosa, non ha molto senso.
Noto che sta sull'uscio dell'atelier fotografico e allora comprendo che ne è il proprietario che sta aprendo
come ogni mattina. E' lui l'autore di tutte quelle suggestive foto di
San Gimignano che avevo già notato nei giorni precedenti sbirciando
la sua vetrina!
Non
saprei ricostruire esattamente come, ma sta di fatto che partono
circa due ore di lezione intensiva di fotografia, intervallate da me
che corro a riportare le chiavi alla padrona di casa per poi
ripresentarmi da lui per ricominciare (e quanto mi è costata sta
faccia tosta...).
Lui
è di una gentilezza disarmante: mi regola meglio le impostazioni
della macchina fotografica, mi mostra i suoi lavori, spiegandomeli, mi
dà utili nozioni di editazione al pc, mi racconta trucchi e
capisaldi della fotografia (la sezione aurea, con corredo di disegno!)
e che cosa sia la fotografia per lui.
"Qui
c'è un uomo su una scogliera"
"No,
c'è un poeta. E' diverso. In quella foto doveva esserci un poeta"
Io
mi bevo le parole di quest'uomo che un po' mi fa arrossire perchè è
pure bello, ma anche quest'aspetto passa in secondo piano: mi
comporto come un'allieva attenta decisa a non perdere neppure una
goccia di sapere fotografico.
Mi
tolgo di torno, per decenza, soltanto quando capisco che gli sto
sottraendo davvero troppo tempo, ma non prima di averlo visto alle
prese con degli acquirenti australiani.
Felice, esco
da quella bottega in cui avevo perso la cognizione del tempo. E in
effetti è così: un luogo magico fuori dal tempo, pieno di cose
bellissime.
Di
nuovo in strada, compio l'ultimo importante gesto che mi ero
ripromessa di fare. E sì, dai, in fondo era prevededibile... Mi
lascio il borgo alle spalle e prendo ancora una volta la MIA Via
Vecchia, in cerca degli anziani signori.
Trovo
lui, una garanzia, che gira per la sua campagna.
"Sto
partendo, volevo salutarvi..."
Sembra
onorato. Chiama la moglie che si affaccia alla finestra da cui
dialoghiamo un po', e intanto mi chiede se sto tornando in Francia, perché secondo lui io ero francese!
Il
resto è storia di saluti su una strada sterrata. Saluti alla
finestrella di un casale. Storia di gentili convenevoli, di inviti a
ritornare e a stare nel loro B&B, di panni stesi ad asciugare,
bianchissimi, sotto il profilo delle torri millenarie.
Poi
tutto finisce. Lo sento quando riprendo il trolley che mi aspettava
nell'atrio di quella che era la mia stanza fino a poche ore prima (e
ammetto che mi è presa un po' di gelosia nel sentire dire alla
frickettona che la stava pulendo per qualcun altro).
Il
bus mi aspetta sul piazzale, ma non prima di un altro importante,
fondamentale, rito: entro nella piccola gastronomia fuori le mura
(credo sia ovvia la convenienza economica) uscendone con un panino
che mi mangio seduta sul marciapiede, annaffiandolo, finalmente!, con
un bicchiere (di plastica) di chianti. Sul filo di lana, ma non potevo lasciare queste terre senza il loro frutto più prelibato.
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